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L’immobiliarista Malacalza è sotto lo sguardo attento e curioso di un pubblico non solo dedito agli affari e alla finanza, ma anche all’attualità e agli avvenimenti mondani. Questo grazie a quello che è stato definito in modo ironico “l’inciucio” Opa Camfin. In realtà la cronaca aveva già portato in prima pagina il nome della famiglia di imprenditori genovesi a causa delle vicende controverse riguardanti il nuovo assetto dei vertici Pirelli e del contenzioso nato tra Malacalza e Tronchetti Provera. L’imprenditore non è uscito dallo “scontro” mediatico e finanziario in modo esattamente positivo.

Descritto come un arrivista mancato e frustrato, in questa vicenda ha assunto il ruolo del cattivo, invidioso del successo e della positività del personaggio buono, Tronchetti Provera, ma molti non conoscono la storia e i successi finanziari del dirigente conquistati in circa 50 anni di carriera imprenditoriale. Vittorio Malacalza, genovese acquisito ma originario di Bobbio, si fa carico dell’azienda familiare in seguito alla scomparsa del padre. Grazie alle sue qualità riesce a rimettere in gioco l’attività e a collezionare una serie di collaborazioni fruttuose, soprattutto per lui, quali quella col gruppo Ansaldo e Italsider.

Si rimette in proprio forte della collaborazione dei figli. Detengono attualmente il 5% del mercato dell’acciaio e del carbonio, rafforza il trading con investimenti che puntano sulla tecnologia e, soprattutto, l’azienda si mostra poco incline all’indebitamento. Gli utili vengono reinvestiti, grazie anche alle capacità imprenditoriali dei due figli Davide e Mattia, a capo di due holding, Hofima con sede a genova, diretta da Davide e Luleo, con sede a Lugano diretta da Mattia. Di recente si annoverano collaborazioni con la Mandarin, gigante asiatico.

Vittorio Malacalza resta invece ancora attivo nell’immobiliare con la Stuarta Immobiliare. Anche l’uscita da Camfin sembra avere connotati, a livello economico, solo positivi per l’imprenditore. Infatti si contano ben 60 milioni di euro di plusvalenza rispetto ai 100 che aveva dovuto investire nel sodalizio con Tronchetti Provera tra il 2009 e 2011. Forse l’appellativo che gli è stato ultimamente attribuito di Re Mida non è poi così sbagliato.

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